La storia di chi subisce un trauma è la storia clinica e personale di coloro che sono passati attraverso un'esperienza dolorosa intensa. L'esperienza traumatica si può trovare ovunque, basti rivolgere lo sguardo a ciò che ci arriva dalle esperienze dei nostri amici, dei parenti, dalle notizie raccontate dalla cronaca sui principali media, ecc.
Alcuni
di noi, quando sentono la parola trauma tendono a non voler ascoltare in
quanto, spesso e volentieri, ci si immagina di trovarsi di fronte a eventi
terribili e spaventosi. Di fatto nessuno di noi è immune dalle tragedie della
vita, questi eventi sono più comuni di quanto non vogliamo credere. Situazioni in
grado di scuoterci emotivamente non si verificano solo in periodi di guerra, in
caso di terrorismo o di conflitti etnici. In ogni contesto sociale è possibile
entrare in contatto con persone che hanno sperimentato cosa vuol dire
affrontare una malattia minacciosa, un terremoto, un abuso sessuale o la
perdita di una persona cara dovuta ad un incidente o ad un crimine. Grazie all’istinto
di sopravvivenza e di auto-guarigione, l'essere umano ha sviluppato una gamma
complessa di risposte fisiche e psichiche che includono il linguaggio e la
comunicazione.
Le esperienze traumatiche vengono definite come quelle situazioni in cui si sperimenta il rischio della propira vita (trauma primario) o di una persona a noi moolto vicina (trauma secondario). Dopo esserci trovati in pericolo, il nostro cervello ci fa rivivere la scena ripetutamente (flashback, incubi, pensieri ricorrenti). Dopo aver subito un trauma è possibile che la mente metta in stato di allerta continua il nostro corpo ogni volta che troviamo uno stimolo che ce lo può ricordare. Le zone deuptate al pensiero situate nel lobo frontale sono consapevoli che siamo soparavvisuti all'aggressione,alla violenza , all'incedente stradale ecc., ma comunque l'amigdala e l'ippocampo ci fanno entrare in uno stato di allerta, di nervosismo e di paura.
Shapiro (2017) afferma che quando l'evento traumatico risale ai primi anni di vita o è stato reiterato nel tempo, o perpetrato da un caregiver fidato è possibile che crei dei profondi circuiti neurali sottesi all'esistenza, alla difesa e al comportamento, ossia di dissociazione dell'io.L’essere stato vittima di un evento traumatico porta a conseguenze che
possono essere riscontrabili non solo a livello emotivo, ma lasciano il
segno anche nel corpo di chi è sopravvissuto a uno di questi eventi.
Le ricerche che hanno coinvolto persone con alle spalle una storia di abuso e trascuratezza da parte del/i caregiver dimostrano difficoltà di concentrazione, rabbia, panico, depressione, problemi con cibo, sostanze stupefacenti e sonno, oltre a una ridotta Variabilità del Ritmo Cardiaco, livelli di ormoni dello stress più alti del normale e risposta immunitaria di ridotta efficacia o compromessa.
Nel
suo importante libro “The Body Keeps the Score” (1994)[2]
Van Der Kolk ha osservato che gli effetti psicologici del trauma vengono espressi
come modificazioni di risposte biologiche allo stress. Egli descrive in
particolare una reazione bifasica dove un iper-reattività agli stimoli, con
risperimentazione del trauma, coesiste con un ottundimento psichico, evitamento
e amnesia. kepner
traduce questo schema nel linguaggio delle polarità. Lo stimolo viene posto sui
poli del tipo spento/acceso, sopraffazione/ottundimento (Kepner,1995)[3], ove
la perdita della capacità regolativa delle emozioni è un sintomo caratterizzante
del DPTS. L'articolo
di Van Der kolk (1994) inoltre esamina la neurochimica dello
stress nel DPTS ed il ruolo che svolge nel mantenimento dell'arousal: "
l'esposizione cronica allo stress altera il modo in cui un organismo affronta
quotidianamente il suo ambiente in maniera permanente, ed interferisce sulle
modalità in cui affronta lo stress acuto che ne consegue" (Van Der Kolk, 1996)[4].
La Terapia del Trauma
Il lavoro con il trauma in Gestalt Psicosociale, come in tutte le psicoterapie, inizia con la diagnosi. Il valore dell’osservazione fenomenologica è importante per la formulazione della diagnosi. Non si ricorre all'interpretazione ma ci si attiene ai fatti raccontati dal paziente, si osserva ciò che appare per favorire un ritorno all' esperienza totale e originaria, per riattivare al meglio le potenzialità della persona (Menditto, 2003)[5]. È importante fare una diagnosi delle potenzialità. Attraverso l'osservazione dei livelli dell'esperienza (Rametta, 1996)[6] (cognitivo-verbale, emotivo, sensorio, corporeo, immaginativo) osserviamo con quali livelli la persona è più in contatto e con quali lo è meno. I pazienti vittime di trauma concentrano spesso
la loro attenzione sul livello immaginativo, cercando di trovare una soluzione al loro stato di angoscia, rivedendo nella loro mente gli episodi relativi al trauma. Spesso cadono nella dissociazione attuando il vano tentativo di fuggire dalle proprie emozioni. Il livello corporeo e quello sensorio sono spesso compromessi e riattivare questi livelli può produrre un netto miglioramento della sintomatologia. Il livello emotivo è invece strettamente legato a quello immaginativo, i pazienti sentono emozioni di dolore, tristezza, vergogna, paura, colpa nel rivivere e/o raccontare la propria storia traumatica. Quando tali emozioni emergono bisogna sostenere il paziente nell'espressione e sviluppo delle emozioni così come sono. Piuttosto che negare, aggirare oppure rimuovere la responsabilità della propria esperienza, la persona viene incoraggiata ad accettare pensieri, sentimenti ed azioni del passato e del presente, come parti del sé e dei suoi limiti. L'esperienza del qui e ora, necessariamente, non va spiegata ma descritta fenomenologicamente, utilizzando i livelli dell'esperienza con cui il paziente può fare contatto. Il terapeuta della Gestalt deve rendere presenti ed evidenti di per sé le sensazioni e le emozioni che i pazienti sperimentano.
Un'altra lettura importante, per poter fare una diagnosi per i pazienti vittima di trauma, risiede nell'osservazione delle modalità di resistenza al contatto: proiezione, introiezione, deflessione, retroflessione, confluenza. Notare le fasi di interruzioni lungo il ciclo di relazione, è il compito principale del terapeuta della Gestalt psicosociale per poter porre una diagnosi.
Il contatto tra terapeuta e paziente è importante per rendere possibile al paziente di resistere al trauma in corso. La relazione ed il processo sono più preziosi del contenuto e delle tecniche. Il dialogo io/tu con presenza, inclusione e conferma, è un metodo ma anche un obiettivo desiderato nella terapia. La consapevolezza e l'accettazione, l'inclusione e il dialogo, come basi per l'approccio nel lavoro con persone traumatizzate, possono essere supportate da utili specifici interventi gestaltici, come la sperimentazione, il lavoro con la sedia vuota, operando nel qui ed ora, assicurando le affermazioni dell’io, ecc.
Altri interventi integrati comunemente in un approccio gestaltico sono il lavoro sui sogni e la visualizzazione (dato che quasi tutti i pazienti don DPTS hanno disturbi del sonno, incubi e flashback ricorrenti), il lavoro sul corpo, gli esercizi di respirazione, il rilassamento e la meditazione, i rituali, la scrittura terapeutica, ecc. Queste semplici attività esperienziali possono aiutare i pazienti vittime di trauma a riappropriarsi del proprio “ground”, a ricentrarsi e a ritornare alla consapevolezza intrinseca dell'organismo, per riacquistare equilibrio e interezza.
Attraverso un lento lavoro di riappropriazione e rieducazione dell’esperienza in modo consapevole il paziente traumatizzato riesce a ricostruire quegli aspetti della propria identità che nell’esperienza di trauma erano stati persi, frammentati, distrutti. Lo sviluppo di una nuova identità favorisce lo sviluppo di una nuova intenzionalità e porta il trauma ad essere un brutto ricordo relegato al passato. Le risorse interne del sé vengono così sbloccate si ha la possibilità di inserire nuove memorie per esperienze anche positive nella propria esistenza.
[2] Van Der Kolk B. (1994) The Body Keps the Score. Memory and the Emerging Psychobiology of Post Traumatic Stress. Harward Rewiew of Psychiatry, I(5).
[3] Kepner J. (1995) Healing Tasks: Psychoterapy with Adult Survivors of Childhood Abuse. San Francisco, Ca: Jossey-Bass.
[4] Van Der Kolk B. (1996/2007). The COmplexity of Adaptation to Trauma. In B. Van Der Kolk, A.C. McFarlane and L.Weisaeth (eds.) Traumatic Stress: The Effects of Overwhelming Exprience on Mind, Body, and Society. New York: Guilford (Trad.It. Stress Traumatico. Gli Effetti sulla mente, sul corpo e sulla società delle esperienze intollerabili. Roma: Magi Edizioni, 2005).
[5] Menditto M. (2003). La diagnosi in Gestalt Psicosociale. In: Signature. Roma: SIG.
[6] Rametta F. (1996) I Livelli dell’Esperienza. In: Signature. Roma: SIG.© 2024